I canoni del Concilio II di Tours tradotti dal testo latino - anno 567


testo latino e traduzione in italiano ad opera del blogger


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Si riportano di seguito, per intero e tradotti, solo i canoni attinenti ai concetti di NICOLAISMO* e di SIMONIA**, elementi su cui faceva perno la Riforma Gregoriana, di cui il Sinodo di San Ginese rappresenta un episodio importante. 


Canone  I
De Synodo bis per fingulos annos, aut semel convocanda

Canone II
De pace inter episcopos confervanda

Canone III
De compositione corporis Domini in altari

Canone IV
Ne laici in ecclefa clericis misceantur

Canone V 
Ut unaquaque Civitassuos pauperes alat

Canone VI
Ut Epistolia soli dent  Episcopi

Canone VII
De remotione Abbatum vel Archipresbiterum, sine consilio ab Episcopis non facienda

Canone VIII
Ut episcopus ei quem alter Episcopus excomunicavit non communicet 

Canone IX
Ut in Britanni sine consensu Metropolitani, vel comprovincialium, Episcopi non ordinentur

Canone X
Ut nullus  clericus extraneam mulierem domi habeat 

 De familiaribus mulierum licet crebrius sit in canonibus replicatum, attamen necesse est, ut si secta virgulta ,qua male pullulaverant , redeant, rursus fidei falce succidantur, & jam radicitus eruantur. Nullus deinceps clericorum pro occasione necessitatis fariende vestes aut causa ordinandae ontus extraneam mulierem in domum suasu habere praesumat.
It eum inbeamur victum aut vestitum artiticiolof quaerere et manibus propris laborare, quid opus est in domum serpentem includere pro veste, qua multeformis vestem non propterea deponit, ut nudetur, sed ut se gratiorem, dum renovatur, ostendat?


Benché più spesso sia stato ripetuto intorno alle abitudini delle donne nelle canoniche, tuttavia è necessario, come i virgulti tagliati, che fioriscono male, che ritornino,  siano nuovamente abbattuti dalla falce della fede e sradicati. Nessuno dei clerici, pertanto, d’ora in poi osi avere per la necessità di farsi vestiti, o per sistemare la casa. E poiché siamo obbligati a cercare vitto e vestiti con qualche espediente e a lavorare con proprie mani, perché per un vestito è necessario chiudere in casa un serpente, che si tira giù il vestito multiforme non per spogliarsi, ma per mostrarsi più bella mentre lo toglie? Nessuno dei chierici, nessun vescovo, presbitero, diacono o suddiacono osi mettere in casa sua per sistemare le cose una sua ancella, vedova o una quasi religiosa, che è anche essa estranea, poichè non è né madre né sorella né figlia, che è anche più incline alla colpa, mentre si distingue come soggetta al potere. 
Se qualche vescovo, presbitero, diacono o suddiacono osasse violare queste cose stabilite dai padri o da noi, sia scomunicato.


Canone XI

Ut episcopus nullam ignaviam ad distringendum habeat,
et si necesse fuerit ab aliis adjuvetur episcopis.

Si quis episcopus ad distringendum eos qui in hac facilitate, perdurant negligens apparuerit, sicut in ipsa sancta basilica est publice recitatum, ex consensu communi atque totius populi, sententiam predecessorum canonum se incurrere omnino cognoscat sic tamen; ut tam metropolitanus suis comprovincialibus quam comprovinciales metropolitano suo, si resistere aut contemnere episcopum clerici sui praesumpserint, denit omnino solatium.
 Et quia dixit sancta scriptura: Frater fratrem adjuvans exaltabitur , quicumque pro causa dei fratri suo solatium commonitus dare distulerit, usque ad synodum removeatur; nam si episcopus se contemni sentiens, fratres suos in solatium suos in solatium suum non commonuerit, ipse sciat qualiter reddat domino rationem.


Se qualche vescovo mentre tiene sotto tiro qualcuno che perdura in queste cose, si dimostra negligente, sappia che, così come è stato pubblicamente declamato nella santa basilica dal consenso comune e di tutto il popolo, incorre senza dubbio nella sentenza dei canoni  precedenti. Così, tuttavia, tanto il metropolitano ai suoi provinciali, quanto i provinciali al suo metropolitano, se i suoi clerici osassero resistere o opporsi al vescovo, diano senza dubbio il solatium. E come disse la santa scrittura : IL FRATELLO CHE AIUTA IL FRATELLO SARA’ ESALTATO, chiunque per causa di Dio abbia rimandato di dare, benché ammonito, il solatium a suo fratello, sarà rimosso fino al sinodo; infatti, se il vescovo che si sente di essere disprezzato, non ricordasse nel suo solatium i suoi fratelli, lo stesso sappia  che nello stesso modo renderà ragione a Dio.


Canone XII

Ut episcopus conjugem babeat ut sororem
nullam de se suspicionem prebeat.


Episcopus conjugem ut sororem habeat, et ita sancta conversatione gubernet domum omnem tam ecclesiasticam quam propriam, ut nulla de suspicio quaqua ratione consurgat.
Et licet deo propitio clericorum suorum testimonio castus vivat, quia cum illo tam in cella quam ubicumque fuerit sui habitent, eumque presbyteri et diaconi vel deinceps clericorum turba juniorum deo auctore conservent : sic tamen propter zelotem
deum nostrum tam longe absint mansionis propinquitate divisi, ut nec hi qui ad spem recuperandam clericorum servitute nutriuntur, famularum propinqua contagione polluantur.

Perché su di lui non sorga alcun sospetto per qualunque ragione, il vescovo abbia la moglie come una sorella e in questo modo governi con una santa relazione la casa, tanto quella ecclesiastica quanto la propria.  E benché grazie a Dio viva casto con la testimonianza dei suoi clerici per il fatto che i suoi abitino con lui tanto in cella quanto ovunque esso sia e benché, testimone Iddio, presbiteri e diaconi e poi infine una turba di giovani clerici lo custodiscano, nonostante ciò a causa del nostro Dio zelote, si allontanano dalla vicinanza della casa tanto a lungo, non come quelli che per recuperare la speranza si fanno mantenere dalla servitù dei clerici e  sono contaminati dal contagio con la vicina servitù.



Canone XIII
Ut episcopus qui conjugem non habet, extraneas mulieres domi non habeat

Epifcopum episcopam non habentem nulla sequatur turba mulierum, licet salvetur vir per mulierem fidelem, ficut & mulier per virum fidelem , ut apoftolus ait. Nam ubi talis cuftodia neceffaria non est, quid necelle est, ut miseria prosequatur, unde fama consurgat? Habeant minitri ecclefix , utique clerici qui episcopo serviunt, et eum custodire debent, licentiam extraneas mulieres de frequentia cohabitationis elicere

Nessuna turba di donne segue un vescovo che non ha una vescova, benché l’uomo sia salvato attraverso una donna fedele, come una moglie attraverso un uomo fedele, come dice l’apostolo. Infatti dove non è necessaria una tale custodia, cosa  è necessario perché l’indigenza prosegua onde sorga la fama? I ministri della chiesa,  ovviamente i clerici che servono il vescovo e lo debbono proteggere, abbiano licenza di buttare fuori dalla coabitazione le donne estranee .



Canone XIV

Ne duo clerici aut monachi in uno stratu recumbant ut monachi omnes in communi schola jaceant.

Et ne occasio famam laceret honestatis, quia aliqui laici, dum diversa perpetrant adulteria, hoc quod de se sciunt, in aliis suspicantur, sicut ait Seneca, pessimum in eo vitium esse, qui in id insanit, ceteros putat furere. Ut ergo ipse sinistrae existimationi aditus amputetur , nullus sacerdotum ac monachorum colligere alium in lecto suo praesumat. Nec liceat monachis celluas habere communes , ubi aut bini maneant, aut peculiares reponi possint sed schola labore communi costruatur, ubi omnes jaceant, aut abbate, aut preposito gubernante , ut dum duo vel tres vicissim legant & excubent, alii consolentur : ut non solum sit custodia corporum, sed & surgat prolectione assidua prosectus animarum.

E affinché la circostanza non appanni una reputazione di onestà, perché alcuni laici, mentre commettono vari adulteri, sospettano negli altri ciò che sanno di se stessi, come dice Seneca, cioè che la cosa peggiore sia in colui che in ciò perde la ragione e pensa che gli altri siano matti. Pertanto, affinché sia impedito perfino la possibile occasione di una valutazione maligna, nessuno dei sacerdoti e dei monaci si azzardi a raccoglierne altro nel suo letto. E non sia permesso ai monaci avere celle comuni, dove possono rimanere in due, o possono essere riposte le particolari*** , ma la scuola dovrebbe essere costruita con lavoro comune, dove tutti possono stare, o sotto l'abate o il presbitero, sicché mentre due o tre a loro volta leggono o dormono fuori, gli altri sono consultati: sicché non solo si fa la difesa dei corpi, ma ne viene il miglioramento  delle anime con la costante lettura.

Canone XV
De Monachis qui coniugia ineunt, excomunicandis & auxilio iudicis separandis

Si qui in monasterio conversi sunt aut converti voluerint, nullatenus exinde habeant licentiam evagandi , nec quod ablit, ullus eorum conjugem ducere, aut extranearum mulierum familiaritatem habere. Nam si, ut supra dictum est , uxorem duxerit, excommunicetur, & de uxoris male sociata confortio , etiam judicis auxilio separetur. 
Quod si iudex ad hoc solatium dare noluerit excommunicetur. Qui infelix monachus tali conjunctione foedatus, si per cujuscumque patrocinium se conatus fuerit defendere, & is qui in hac pertinacitate perdurat, et  illi qui eum exceperint ad defenfandum, ab ecclesia segregentur , donec revertatur ad septa monasterii. & indictam ab abbate, quamdiu ei praceptum fuerit, agat poenitentiam, & post satisfactionem revertatur ad gratiam.

Se quelli che sono stati convertiti in monastero o volessero convertirsi, in nessun modo hanno il permesso di fuggire da lì, né alcuno di loro potrà sposarsi o avrà rapporti con donne estranee. Infatti, se, come si è detto sopra, prende moglie, sarà scomunicato e separato dalla comodità della moglie associata anche con l'aiuto dei giudici.
Ma se il giudice non volesse concedere a questo il solatium, sarà scomunicato.
E quell’infelice monaco macchiato da una simile accoppiamento, se avesse cercato di difendersi con il patrocinio di chiunque, e lui che perdura in questa ostinazione , e quelli che l'hanno accolto  per difenderlo, dalla chiesa siano esclusi fintanto che non ritorna nelle mura del monastero e compia penitenza indicata dall'abate, e dopo il risarcimento sia ritornato in  grazia.

Canone XVI
Ne mulier septa monasteri introire permittatur.

Ut mulier intra septa monasteri nullatenus introire permittatur, si abbas in hac parte aut praepositus négligens apparuerit, qui eam viderit et non statim ejecerit excommunicetur.

Affinché non sia mai permesso introdurre donne nelle mura del monastero, se l’Abbate o chi preposto a questo ruolo apparisse negligente e non la buttasse subito fuori, quello sarà scomunicato.

Canone XVII
De observatione jejuniorum monachis obeunda.


Canone XVIII
De observatione psallendi.


Canone XIX
De archipresbiteri et aliis clericis coniugatis, qua cautela segregati ab uxoribus vivere debeant

Canone XX
De verginibus et reliquis castitatem prosessis vel viduis quae quae post mutatam vestem coniugio copulatae sunt



Canone XXI
De adulteris et incestuosis conjiuntionibus



De incestis vero conjunctionibus censuimus statuta canonum vetera non irrumpi. Satis enim facimus , in hac parte statuta prisca servemus. Sed propterea fuit iterare necessarium, quia dicunt plures quasi illud per praedecessorum negligentiam sacerdotum illis non fuisset apertum. Sed revera mentiuntur , cum sciamus tales ac tantos viros nullatenus huic negligentiae subjacuisse, sed hoc quod scripturae sanctae testantur, assidue pradicasse.


Per quanto riguarda le congiunzioni incestuose, abbiamo deciso di non infrangere gli antichi statuti dei canoni, poiché abbiamo fatto abbastanza, in questa parte manterremo gli antichi statuti. Ma è stato necessario ripetere, come molti dicono,  che quella cosa non fosse stata chiara per  negligenza,  per così dire, dei sacerdoti precedenti. Ma in realtà mentono, poiché sappiamo che tali e tanti  uomini non furono in alcun modo soggetti a questa negligenza, ma che predicarono costantemente ciò che testimoniano le sacre scritture.



Propterea placuit etiam de voluminibus librorum pauca perstringere, & canonibus inserere, ut excepta lectio de aliis libris, (in) unum recitetur ad populum. Sic enim dominus locutus est : “Custodite leges meas atque judicia, quae faciens homo vivet in eis. Ego dominus. Turpitudinem patris tui, et  turpitudinem matris tuae non discooperies : mater tua est non revelabis turpitudinem eius. Turpirudinem uxoris patris tui non discooperies : turpitudo enim patris tui est.



Per questo si decise anche di sintetizzare poche cose dai volumi dei libri e di includerle nei canoni, affinché, salvo la lettura di altri libri,  uno solo libro sia declamato davanti al  popolo. Poiché così ha parlato il Signore: “Osservate le mie leggi e i miei giudizi, facendo i quali l'uomo vivrà per essi. Sono il Signore. Non svelerai  la vergogna di tuo padre e la vergogna di tua madre: è tua madre, non rivelerai la sua vergogna. Non svelerai il disonore della moglie di tuo padre: perché è il disonore di tuo padre.




Turpitudinem sororis tuae ex patre , sive ex matre quae domi vel soris genita est, non revelabis. Turpitudinem filiae fili tui, vel neptis ex filia, non revelabis, quia turpitudo tua est. Turpitudinem filiae uxoris patris tui, quam peperit patri tuo et est soror tua, non revelabis. Turpitudinem sororis patris tui non discooperies, quia caro est patris tui.


Non rivelerai  il disonore di tua sorella di parte di  padre o di  madre, che è nata in casa o fuori. Non rivelerai la  turpitudine della figlia di tuo figlio, o della nipote di tua figlia, perché è un tuo disonore. Non rivelare l'indecenza della figlia della moglie di tuo padre, che ha partorito per  tuo padre ed è tua sorella. Non svelerai la vergogna della sorella di tuo padre, perché è la carne di tuo padre.


Turpitudinem sororis matris tuae non revelabis, eo quod sit caro matris tuae. Turpitudinem patris tui non revelabis, nec accedes ad uxorem ejus, quia tibi affinitate conjungitur. Turpitudinem nurus tuae non revelabis, quia uxor filti tui est, nec discooperies ignominiam ejus. Turpitudinem uxoris fratris tui non revelabis, quia turpitudo fratris tui est. Turpitudinem sororis tuae et filiae ejus non revelabis.  Filiam filiae eius, & filiam filiae illius non sumes, ut reveles ignominiam ejus, quia caro illius sunt, et talis coitus incestus est. Sororem uxoris tuae in pellicatum illius non accepies, nec revelabis turpitudinem eius.



Non rivelare la vergogna della sorella di tua madre, perché è la carne di tua madre. Non rivelare l'indecenza di tuo padre, né avvicinarti a sua moglie, perché è unita a te da parentela. Non rivelerai la vergogna di tua nuora, perché è la moglie di tuo figlio, e non scoprirai la sua vergogna. Non rivelare la vergogna della moglie di tuo fratello, perché è la vergogna di tuo fratello. Non rivelerai la vergogna di tua sorella e di sua figlia. Non prenderai la figlia della figlia di questa né la figlia della  figlia di quello , per rivelare l’ignominia di questo, perché sono la carne di quello, e tale rapporto è incesto. Non prenderai la sorella di tua moglie nella pelle di lei, né rivelerai la sua vergogna.



Cum uxore proximi tui non coibis, , nec feminis commixtione maculaberis.

Maledictus homo qui faciet sculptile & conflatile, abominationem domino, opus manuum artificum, ponetque illud in abscondito, & respondebit omnis populus & dicat : Amen.

Maledictus qui non honorat patrem suum, & matrem suam & dicet omnis populus : Amen .

Maledictus qui transfert terminos proximi  sui & dicet omnis populus : Amen.

Maledictus qui errare facit caecum in itinere & dicat omnis populus: Amen.


Non giacerai con la moglie del tuo prossimo, né ti macchierai per la promiscuità con le donne.

Maledetto l'uomo che rende una scultura o una statua, il lavoro delle mani degli artigiani,  abominio per il Signore, e lo ripone in una nascondiglio, e tutto il popolo risponderà e dirà: Amen.

Maledetto chi non onora suo padre e sua madre, e tutto il popolo dirà: Amen.

Maledetto chi sposta i confini del suo prossimo, e tutto il popolo dirà: Amen.

Maledetto chi fa errare il cieco per la via, e tutto il popolo dice: Amen.


Maledictus qui pervertit  judicium advenae , pupilli ac viduae, & dicet omnis populus : Amen.

Maledictus qui dormit cum uxore patris sui  & revelat operimentum lectuli eius: & dicet omnis populus : Amen. Maledictus qui dormit cum sorore sua, filia patris sui ,  sive matris suae ; dicet amnis populus:  Amen.

Maledictus qui dormit cum socru sua ; & dicet omnis populus : Amen.

Maleditus qui clam percusserit proximum suum; & dicet omnis populus: Amen


Itemque ait sacra sententia legum , quae in hac  explanatione omni homini, tam docto quam indocto aperta est, ut quisquis aut sororis, aut fratris filiam, aut certe gradu consobrinam, aut fratris uxorem, sceleratis sibi nuptiis junxerit , huic poenae subjaceat, ut de tali confortio separetur; & reliqua.


Maledetto chi falsifica il giudizio  dello straniero, dell'orfano e della vedova, e tutto il popolo dirà: Amen!

Maledetto chi dorme con la moglie di suo padre e la coperta del suo letto lo rivela: e tutto il popolo dirà: Amen!

Maledetto chi dorme con sua sorella, figlia di suo padre, o di sua madre; tutto il popolo dirà: Amen.

Maledetto chi dorme con la suocera; E tutto il popolo dirà: Amen.

Maledetto chi avesse percosso di nascosto il suo vicino; E tutto il popolo dirà: Amen

E così dice la sacra sentenza delle leggi, che in questa interpretazione è chiara per ogni uomo, dotto e non dotto, come chi dovesse congiungere se stesso scellerato con nozze alla sorella, o alla figlia del fratello, o a cugina di una certo grado, o alla moglie del fratello , subisca questa pena perché sia separato da tale unione e tutto il resto.


Item alia: Quaecumque mulier sororis suae maritum poft mortem illius acceperit , vel si quis ex viris mortua uxore sororem ejus aliis nuptiis sibi conjunxerit , noverit tali consortio se esse notabilem. In synodo Aurelianensi quam invictissimus rex Clodoveus fieri supplicavit, sic decretum est: Ne superstes frater torum defuncti fratris praesumat ascendere , neve sibi quisquam amissae uxoris sororem audeat sociare: quod si fecerint ecclesiastica districtione feriantur. In Epaonensibus canonibus a papa Avito vel reliquis epicopis, constitutum est : Incestis  conjunctionibus nihil prorsus veniae reservamus, nisi cum adulterium separatione sanaverint . 


Anche altro: ogni donna che prenderà il marito di sua sorella dopo la morte di lei, o se qualcuno degli uomini che sposerà la sorella della moglie dopo la sua morte, cominci a sapere di essere importante per tale unione. Al sinodo di Aureliano, che Clodoveo l’invicibilissimo  supplicò che si facesse , fu così decretato: perché che un fratello sopravvissuto non osi  salire sul letto del fratello defunto, né che alcuno osi associare con sé la sorella della moglie perduta: poiché se lo facessero sarebbero colpiti da un castigo ecclesiastico.

 Nei canoni di Epaone da papa Avito o dai rimanenti i vescovi, è stato stabilito:

Non riserviamo assolutamente perdono alle congiunzioni incestuose, a meno che non abbiano sanato l'adulterio con la separazione. 


Incestos vero , nec ullo conjugi nomine prevalendos, praeter illos , quos vel nominare funestum est, hos esse censuimus. Ut si quis relictam fratris, quae pene prius soror extiterat, carnali conjunctione violaverit, si quis insuper germanam uxoris suae acceperit : si quis novercam duxerit : si quis consobrina sobrinaeve se societ, ab ecclesia segregetur .

 Quod ut a praesenti tempore probibemus, ita ea qua sunt anterius instituta non solvimus. 

Si quis relictae avunculi misceatur aut patrui, vel privignae concubitu polluatur. 

Sane quibus conjunctio illicita interdicitur habebunt ineundi melioris conjugii facultatem.



Giudichiamo che non siano da prevalere  neppure questi  incesti , infatti, per il  nome di alcun coniuge, tranne quelli che è funesto persino nominare. Come se un uomo avesse violato per congiunzione carnale la vedova di suo fratello, che quasi da precedente  sorella  era  sopravvissuta, se qualcuno inoltre avesse preso la sorella germana di sua moglie: se qualcuno sposasse la matrigna, se qualcuno si unisse con una cugina di primo grado o di secondo grado, verrà escluso dalla chiesa. 

Poiché, come dal tempo presente proibimmo, così non assolviamo le cose che sono state stabilite prima. 

Se qualcuno si unisce alla vedova di suo zio o del padre o perfino con la figliastra , si sarà insozzato di concubinato. 

Naturalmente coloro ai quali è vietata la congiunzione illecita avranno la possibilità di congiungersi ad un miglior coniuge.


In canonibus etiam Avernensibus a beatissimis patribus sic habetur insertum:” si quis relictam fratris, sororem uxoris privignam, consobrinam , sabrinamve, vel relictam patrui vel avunculi, carnalis contagii crediderit consortio violandam, et ausu sacrilego autorictatem divinae legis ac jura naturae perruperit, et cui caritatis ac pii affectus solatia exhibere debuerat, suorum hostis ac pudicitiae expugnator , vim inferre tentaverit, apostolicae constitutionis sententia feriatur; et  quamdiu in tanto versatur scelere , a Christiano caetu atque convivio , & ecclesiae communione privabitur. 


Nei canoni anche degli Averniani, dai beatissimi padri si ritiene così inserito:  “se qualcuno avesse creduto  che  sia da  violare  con un unione del contagio carnale la vedova del fratello, la sorella della moglie, la figliastra, la cugina di primo grado e quella di secondo grado, sia la vedova del padre o dello zio, e per sacrilego azzardo avesse infranto l'autorità della legge divina e l’insieme delle leggi della natura, ed espugnatore del nemico dei suoi e della castità avesse tentato di fare violenza a chi dovevano essere offerti i conforti della carità e del pio affetto, sarà colpito dalla sentenza della costituzione apostolica;  e fintanto che sarà impegnato in così tanti crimini, sarà privato della adunanza, dell’ eucaristia e della comunione della Chiesa.”


Nos hoc quod patres nostri statuerunt , in omnibus roboramus : quia praecepto domini, apostolo praedicante , docemur, ut a nobis filii nostri severitate potius corrigantur, quam ignava tepiditate ad perpetranda graviora laxentur, ubi ait: Quid vultis? in virga veniam ad vos, an in caritate & Spiritu manuerudinis? Omino auditur inter vos fornicatio, & talis fornicatio , qualis nec inter gentes ; ita ut uxorem patris sui aliquis habeat. Et vos inflati estis , et non magis luctum habuistis, ut tollatur de medio vestrum qui opus hoc fecerit . Ego quidem absens corpore , praesens autem spiritu, jam judicavi ut praesens, eum qui sic operatus est, in nomine domini nostri lesu Christi. 

Ergo quia dixit apostolus : imitatores mei estote sicut et ego Christi ; non nos praesumptiosos existimet homo, si sequentes apostolum , quemquam ab ecclesia segregentur, donec reminiscatur & revertatur ad vitam, quam per dominum Jesum Christum & baptismum meruit habere perpetuam, ne jam peccato faciente, ac diabolo persuadente, perdat & baptismi gratiam & vitam aeternam.

 

Noi rafforziamo quello che i padri nostri hanno stabilito per tutti: perché ci è insegnato dal precetto del Signore e dall’ apostolo predicatore, che da noi i nostri figli dovrebbero essere corretti con severità piuttosto calmati che con codarda tiepidezza, per portare a termine le cose più grandi, dove dice: “cosa vuoi? che venga  da te con una verga o con carità e spirito di mansuetudine ? Si sente assolutamente fornicazione tra voi, una tale fornicazione neanche  quale  c’è tra le genti ; in modo che un uomo possa avere la moglie di suo padre. E vi siete gonfiati e non avete avuto più lutto, perché colui che faceva quest'opera fosse tolto di mezzo a voi. Io, infatti, essendo assente nel corpo, ma presente nello spirito, ho già giudicato come presente colui che così operò, nel nome del Signore nostro Cristo.

Perciò, poiché l'Apostolo ha detto: Siate miei imitatori, come io lo sono di Cristo; Un uomo non ci riterrà presuntuosi se, seguendo l'apostolo, separiamo qualcuno dalla chiesa, fino a quando non gli ritorni la memoria  e ritorni alla vita che per mezzo del Signore Gesù Cristo e del battesimo meritò di avere perpetua, per timore, per opera della persuasione del diavolo, di perdere la grazia del battesimo e la vita eterna, commettendo peccato. 






Canone XXII
De calendiis Innarii et Cathedra San Petri


Canone XXIII
De Imnis recipiendis

Canone XXIV
De his qui per discordias Regum res ecclesiarum aut sacerdotum competunt

Canone XXV
De Pernasoribus, seu Retentoribus rerum Ecclesticarum

Canone XXVI
De Iucibus aut potentibus qui pauperes opprimunt

Canone XXIVII
Nullus Episcoporum de ordinationibus Clericorum praemia praesumat exigere

*nicolaismo ( da Enciclopedia Treccani)


Tendenza contraria al celibato ecclesiastico da parte dei cosiddetti nicolaiti. L’accusa di n. fu rivolta dai papi alla Chiesa orientale perché questa ammetteva il matrimonio dei sacerdoti, compresi quelli insigniti di dignità vescovile. Il termine è stato usato a partire dal Concilio di Tous ( anno 567).

** simonia


Nella tradizione cristiana, compravendita peccaminosa e delittuosa di beni sacri e spirituali che prende il nome da Simon Mago, personaggio neotestamentario che provò a comprare dagli apostoli i doni dello Spirito santo.  La s. può riguardare un bene strettamente spirituale, come i sacramenti, o un bene materiale connesso con uno spirituale, come una carica ecclesiastica. Condannata ripetutamente sin dai concili del 5° secolo, la s. fu al centro dell’attenzione nel Medioevo, quando alle cariche ecclesiastiche si legarono possessi fondiari e diritti giurisdizionali che davano accesso a piccole e grandi rendite. Il dibattito sulla s., oggetto di esecrazione durante la cd. riforma gregoriana insieme al , contribuì all’affermarsi della distinzione tra la sfera laica e quella ecclesiastica.

*** le "peculiares" erano probabilmente particolari offerte per le femmini orfane



https://books.google.it/books?id=3l5qN37K5UEC&pg=RA1-PA99&lpg=RA1-PA99&dq=peculiares+petebat&source=bl&ots=Xhp8W6rhrc&sig=ACfU3U0RCNhS9nIfEvXZN4IOt_wKP2jVoQ&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjk7YWavd38AhXWQ_EDHdt7DD0Q6AF6BAgbEAM#v=onepage&q=peculiares%20petebat&f=false