Dissertazione III di Paolino Dinelli sul Sinodo di San Ginese




 

 

Premesse  del curatore del presente documento

Il Concilio di San Ginese, che secondo Padre Federigo Vincenzo Di Poggio si tenne nell’anno 1080, subito dopo che si era tenuto un Concilio a Roma, in cui erano stati contumaci i clerici rivoltosi del Capitolo della Chiesa di San Martino contro il Vescovo Anselmo II, ma secondo altri nel 1074, tra cui il P. Joaniis Dominici Mansi che redige il SACRORUM CONCILIORUM ET NOVA ET AMPLISSIMA COLLECTIO vol.20, sicuramente avviene all’interno del clima della Riforma Gregoriana.

 All'intero processo della riforma dell'XI secolo si dà spesso per sinéddoche il nome di "Riforma Gregoriana", per riferimento al papa Gregorio VII (1073–1085), che fu fervente sostenitore del primato papale come risultò nel suo DICTATUS PAPAE del marzo 1075 , ma esso è cominciato prima di lui. Papa Leone IX (1049-1054), oltre a deporre vescovi che avevano comprato la loro nomina, riaffermò il divieto dei rapporti coniugali ai presbiteri e ai diaconi [come era stato auspicato fin dal Concilio di Elvira del 306 d.C., cui era seguito il decreto, con cui Papa Siricio scomunicava i rei, e come poi venne ribadito nel Concilio di Cartagine del 390 d.C. ] e ordinò che le concubine del clero di Roma fossero confinate al palazzo Lateranense come serve. La Riforma fu caratterizzata da uno scontro, conosciuto come "lotta per le investiture", contro il giovane Imperatore Enrico IV di Franconia, che, dopo aver nominato arcivescovo di Milano  nel 1075 Tedaldo di Castiglione, nonché i vescovi di Spoleto e di Fermo, entrambi situati in territorio pontificio,  il 24 gennaio 1076  in un Hoftag  ( Dieta imperiale) e contemporaneamente Sinodo ecclesiastico a Worms, insieme ai due arcivescovi Sigfrido di Magonza e Udo di Treviri e ad altri 24 vescovi per lo più tedeschi, formulò accuse drastiche contro Gregorio VII per non aver seguito le regole di Papa Niccolò II per la sua elezione a Papa.  Il 22 febbraio 1076 Gregorio VII pronunciò la sentenza di scomunica che gli tolse l’appoggio della nobiltà tedesca e lo obbligò ad andare a chiedere il perdono presso il castello di Canossa della marchesa Matilde, in ginocchio il 28 gennaio 1077.  Ma lotta per le investiture proseguì con la nomina a Bressanone dei vescovi fedeli a Enrico in un concilio convocato da Enrico stesso per il 25 giugno 1080, edi un antipapa nella persona di Guiberto, arcivescovo di Ravenna, che assunse il nome di Clemente III, con la discesa di Enrico IV in Italia e la conquista da parte del suo esercito della città di Roma, con papa Gregorio VII asserragliato in Castel Sant'Angelo. Quest'ultimo, per contrastare Enrico e l'antipapa, si alleò al normanno Roberto il Guiscardo, non prima di avergli tolto il 29 giugno 1080 a Ceprano la scomunica che gli aveva inflitto sei anni prima per aver invaso il territorio pontificio di Benevento. 

Con questa pubblicazione si intende quindi fare luce sulla dibattuta questione del Sinodo di San Ginese,  che alla luce degli avvenimenti sopra ricordati, acquista valore di importante svolta nella millenaria vita della Chiesa Cattolica, in quei momenti tesa a restaurare la propria autorità ed i propri costumi. La querelle sul luogo ed il tempo del misconosciuto Sinodo era stata già  affrontata da Padre Federigo Vincenzo Di Poggio e più o meno anche da altri studiosi di storia, ricordati dallo stesso Dinelli, come il Fiorentini, il Rota , il Labbè ed il Waddingo. Da mai dimenticare il monsignor Domenico Mansi nella sua pubblicazione “Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio “ (31 voll., in folio, Firenze e Venezia, 1758–98), che tratta dei concilj  fino al 1438.  Il testo che si intende quindi riproporre di seguito è quello della Dissertazione III di Paolino Dinelli, ricompresa nelle sue Dissertazioni sui Sinodi della Diocesi di Lucca, contenute nel tomo VII de “ Memorie e Documenti per servire alla Istoria del Ducato di Lucca. “ Lo stesso Paolino Dinelli afferma di rifarsi interamente al testo di Padre Federigo Vincenzo Di Poggio, intitolato SAGGIO DI STORIA ECCLESIASTICA DEL VESCOVATO E  DELLA CHIESA DI LUCCA, che ha pubblicato nel 1787, Padre che spesso chiama anche Padre Poggi. 

NB: PRESBITERIO .” Spesso negli antichi documenti ecclesiastici viene fatta menzione del Presbiterio, nè altro dobbiamo intendere per questo nome , che i sacerdoti uniti in concilio col proprio vescovo (10) “ – tratto dalle parte omesse della dissertazione introduttiva del Dinelli.

AVVISO AL LETTORE di Paolino Dinelli 

( premessa alla Dissertazione prima introduttiva)

L'autore di queste dissertazioni ebbe incarico dalla Reale Accademia Lucchese di scrivere sopra i Sinodi, e la disciplina della Diocesi di Lucca , ed ha creduto di adempiere il datogli incarico con riunire insieme ambedue le anzidette trattazioni.

Ha perciò esibito un ragguaglio istorico de' diversi Sinodi della Diocesi di Lucca , e di molte delle più notabili prescrizioni in essi contenute ; anzi alcuni di tali Sinodi ha stimato di pubblicare interamente . Oltre a ciò ha creduto di apporre ad essi molte note, e varie dissertazioni ,o per dichiarazione di passi oscuri , o per dilucidare alcune delle più importanti materie, e nell'une , e nell'altre ha procurato di essere abbondante, anziché parco e ristretto.

Confida, che questo metodo per l'intrinseca sua utilità non sia per riuscir disgradito al Lettore amante dell’ecclesiastica erudizione.

Omissis…

(10) Vedasi Glossarium ad scriptores media, et infimæ latinitatis, auctore Carolo Dufresne Du-Cange alla parola Presbyterium, ove la mia asserzione è ampissimamente dimostrata. 


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pag.7 delle DISSERTAZIONI dei  Sinodi delle Diocesi di Lucca

DISSERAZIONE PRIMA INTRODUTTIVA

in cui si fanno osservazioni generali sopra i Sinodi, e si propongono varie congetture intorno a quelli di Lucca de’ secoli più antichi.

….omissis ..Ma quali sono i mezzi, che il Pastorsacro, ossia il vescovo, debbe adoperare a disimpegno delle anzidette obbligazioni e doveri ? ..omissis… Non è del mio istituto numerare tutti questi mezzi distintamente. Dirò soltanto, ed in ciò dire indicherò il soggetto di queste dissertazioni , che la frequente celebrazione de'sinodi , cioè di quelle sacre adunanze , elle quali i Presidi di santa Chiesa insieme raccolti trattano , e con unanime consentimento decidono i negozj ecclesiastici , è un mezzo , se non assolutamente necessario , come alcuni teologi opinarono (1), fuor di dubbio adattatissimo al buon governo, e pascolo spirituale del gregge  cristiano (2). Queste sacre adunanze, cui Gesù Cristo la sua protezione ed assistenza promise, allorchè disse: dove sono due, o tre persone congregate nel mio nome , quivi sono io in mezzo di loro (3) , fino da’ primi giorni del cristianesimo incominciarono a praticarsi . Dal libro degli Atti Apostolici noi sappiamo , che questi primi ministri dell'Evangelio per ben tre volte sicuramente si radunarono insieme in concilio, per la elezione cioè̀ di Mattia in luogo del discepolo traditore , per la destinazione de’ sette diaconi , e per definire , se i novelli cristiani fossere tenuti alle mosaiche osservanze (4) All'esempio apostolico tenendo dietro i vescovi de’ primitivi secoli della Chiesa, frequentemente essi pure celebrarono de’ sinodi più o meno , secondo le diverse circostanze, e bisogni, numerosi e solenni. Molto rinomati nella storia del secondo secolo sono i concilj provinciali di Roma , di Cesarea in Palestina, del Ponto , di Corinto, di Osroeme, e di Lione sul giorno , in cui dovea da’ cristiani celebrarsi la Pasqua (5) . Nell'istoria del terzo secolo rinomatissimi sono i concilj di Cartagine , di Sinnada intorno al Battesimo conferito dagli eretici , quelli di R o m a , di Efeso , d'Antiochia e d'Elvira (6). Taccio del quarto,  e de’ secoli susseguenti, poiché̀ non avvii alcuno mezzanamente istruito nell'istoria ecclesiastica il quale non sappia essere stati e moltissimi , e solennissimi i concilj ne’ medesimi celebrati . 

..Omissis..   “Di più giusta gli antichi canoni due volte ogni anno dovevano i vescovi della provincia unirsi insieme in concilio . » Bis in anno fiat Episcoporum Synodus >> anno fiat Episcoporum Synodus , et inter se examinent decreta religionis , et incidentes ecclesiasticas controversias componant  . omissis …“


Note alla pag.7

(1) Istitutiones Theologicae auctoritate DD.Archiep. Lugdunensis editæ. T. I., diss.v.,C.IV. de Locis Theologicis. 

(2) Si veda Benedetto XIV. L.1.Cap.2.deSynodo Diocesana , ove asserisce, e con validi argomenti dimostra essere i Sinodi diocesani sommamente utili, ma non assolutamente necessarj per reggere, come si conviene, la diocesi. 

(3)S. Matt.C. 18. v.20. L'interpretazione del testo evangelico da me adottata è del Concilio Calcedonese nella lettera a s. Leone Papa 

( 4 ) Atti Ap., cap. I.v. 15. e  seg. cap. 6. v.5 . e seg.,cap.15.

Il metodo tenuto dagli Apostoli nel decidere le controversie di grave importanza, vien descritto con brevità, e chiarezza dall' A b . Bercastel ( Storia del Cristianesimo Tom.I.p.342.) 

“Quando (egli dice) gravi diversità̀ di sentimenti intorno a un importante materia, gli Apostoli, e i primi Pastori univansi nel maggior numero possibile. Il Principe degli Apostoli presiede all'assemblea , propone la questione , maturamente si delibera, e con libertà egli dice il suo parere” il primo, ma non è il solo giudice. La decisione stabilita sopra i fondamenti della divina rivelazione , formata dalla concorrenza de ‘voti, spedita alle particolari Chiese vi è data, e ricevuta non come un umano giudizio, ma come un oracolo dello Spirito Santo. “

Il Turrecremata Summa de Ecclesia L. 3 .3. nell'adunanza, di cui si parla nel cap.21.v.18. degli Atti Apostolici con queste parole: 

“Sequenti autem die introibat Paulus nobiscum ad Jacobum, omnes que collecti sunt Seniores: ha creduto di riscontrare la storia di un vero Sinodo diocesano. Benedetto XIV.L. I.C. 1.de Sin.Dicet riferite leparole del Turrecremata, conchiude,,Neminem inficiari posse putamus, speciem quandam , et imaginem Synodi in prædicta congregatione eminere” 

(5) ed.Nat .Alessandro; HistoriaEccle. veteris, novique testamenti.T.3.,el'Ab.di Berault Bercastel, Storia del Cristianesimo T. 2. p.461. 

….  Omiss…

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 pag.31 - Dissertazione III

        DISSERTAZIONE TERZA

Del sinodo di S. Ginese 

celebrato nel secolo XI a’ tempi di S. Anselmo (*)


Quanto i disordini ed i vizi dell’ avarizia in special modo del senso dilatati si fossero nel Cristianesimo ne’ secoli di mezzo, il sappiamo non senza confusione e grave rincrescimento dalle profane ed ecclesiastiche istorie. Nel ceto ecclesiastico s'insinuarono essi ezíandio, e  superati i più forti ostacoli ed i più possenti ripari , penetrarono profondamente. 

E chi può ridire abbastanza il guasto e la rovina grande che vi recarono? Quante chiese per lungo tempo sprovviste furono dei loro  Pastori, o perché  altrove occupavansi di cose del tutto estranee a' propri ministeri, e più tosto  perché, ricchi   di    molti ecclesiastici benefizi, non era loro possibile risiedere in tutti i luoghi personalmente? Quanti dei sacri Pastori ebbono  l’ardimento di intromettersi nel governo spirituale delle anime con mezzi indegni e simoniaci! quanti invece d'essere di edificazione, e buon esempio furon col reo costume pietra d’inciampo nella chiesa di Dio.

 Né, mentre somiglianti cose luttuosissime ricordo, stranieri inconvenienti io intendo di riferire.

Di nostra diocesi principalmente volle favellare il Pontefice Alessandro II , (**) allorché disse che entro la chiesa il detestabile abuso da molto tempo era invalso di non conferire gli ecclesiastici benefizj, se non a coloro, che col sacrilego sborso di denaro studiavansi di comperarli ( )  e , prima di Alessandro II,  Leone IX scrivendo a’ canonici della nostra cattedrale aveva detto  ( ).


» Et si Dominus Deus humilitatem ecclesiae suae misericorditer respiciens ecclesiam vestram ab 

E se il Signore Dio, recependo misericordiosamente l’umiltà della sua chiesa,  libererà la vostra chiesa

uxoratis presbyteris , et omnino a Dominica oblatione repellendis liberaverit, pro incestis casti, pro 

dai presbiteri sposati, e completamente dalla repellente oblazione della domenica, saranno rimessi al 

immundis mundi restituantur ».

loro posto  i casti invece delle profanazioni dei riti e i mondi invece degli immondi.

Ma a quale estremo nel secolo XI giunti fossero nel ceto ecclesiastico i disordini presso di noi , farassi palese per li fatti, che dieron motivo al sinodo di s. Ginese, de’ quali ampiamente dovrò ( N.d.S. : segue a pag.32)

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(*) Anselmo da Baggio o Anselmo II di Lucca (Milano, 1035 circa – Mantova, 18 marzo 1086) è stato un cardinale e vescovo di Lucca, nipote di Alessandro II (al secolo Anselmo I da Baggio, già vescovo di Lucca e papa dal 1061 al 1073), venne creato cardinale dallo zio. Non divenne Papa.

Fu, anch’egli come lo zio omonimo (Anselmo da Baggio) originario del sobborgo milanese. Fu allievo di Lanfranco da Pavia, educato presso la scuola cluniacense di Berengario di Tours e monaco benedettino.

Nel 1073, alla morte dello zio Papa, Anselmo II fu eletto a succedergli quale Vescovo di Lucca: inizialmente rifiutò la nomina onde non ricevere dall'imperatore Enrico IV le regalie connesse al suo ufficio. Siamo al tempo della lotta per le investiture. Infine accettò l'elezione il 29 settembre 1074, ma per il suo forte sostegno al movimento riformatore della Chiesa, alla moralizzazione del clero, nel 1081 venne esiliato dall'imperatore e si ritirò monaco nell'abbazia di San Benedetto in Polirone, sotto la protezione dalla contessa Matilde di Canossa, della quale divenne apprezzato consigliere spirituale. Venne in seguito fu reintegrato nel suo ufficio dal papa San Gregorio VII, per essere infine cacciato dai canonici ribelli all’idea di condurre vita comune con lui.

Vittore III e Urbano II lo designarono legato pontificio in Lombardia: Anselmo fissò la sua residenza a Mantova, sempre sotto l’ala protettrice di Matilde, e si dedicò al radicamento dei principi della riforma gregoriana ed al contrasto dell'antipapa Clemente III. Curò la redazione della Collectio canonum, una raccolta in tredici libri di fonti del diritto canonico, attinte soprattutto dal Decretum di Burcardo di Worms. Morì a Mantova il 18 marzo 1086 e la contessa Matilde volle concedergli sepoltura sotto l'altare maggiore della cattedrale cittadina. Il suo corpo, esumato alcuni secoli dopo, fu trovato incorrotto e tale è custodito ancora oggi. Mantova lo venera quale patrono della città.

Fu santificato dal papa Vittore l’anno seguente ( 1087).

(estratto da Wikipedia)

(**) Alessandro II, nato Anselmo da Baggio (Baggio, 1010/1015 – Roma, 21 aprile 1073), è stato il 156º papa della Chiesa cattolica dal 1061 alla sua morte. Suo successore fu Gregorio VII. Non fu santificato.

Nel 1057 fu nominato vescovo di Lucca, carica che terrà anche durante il papato fino alla sua morte.

Come vescovo di Lucca fece riedificare il Duomo. Nel periodo in cui fu vescovo sostenne Ildebrando di Soana nell'impresa di sopprimere la simonia e di rafforzare il celibato del clero. Anselmo capeggiò la pataria milanese, un movimento popolare contro l'immoralità nel clero.

L'ascesa al Soglio pontificio fu guidata da Ildebrando, che agì in conformità con i decreti del 1059. Alessandro II fu il primo pontefice ad essere eletto da un consesso di prìncipi della Chiesa senza l'intrusione del potere imperiale. Al momento della sua elezione a vescovo non era cardinale. Alessandro II si batté per il celibato ecclesiastico e contro la simonia, pratica che faceva mercato delle cariche ecclesiastiche e delle indulgenze.

(estratto da Wikipedia) 


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pag.32 - Dissertazione III

parlare  nella  presente  dissertazione. Dio  però,  che  giusta  le  immancabili  sue  promesse  sempre  veglia  a  sostegno  della  sua  chiesa,  in  questi stessi  tempi  di  rilassatezza  e  di  ignoranza  provvidela … di  vescovi  santissimi,  i  quali  pensarono  seriamente,  e  con  ogni  sollecitudine  ed  impegno  studiaronsi  di  rimediare  a' disordini,  e  torre  via  dal  clero  e dal  popolo  gli  abusi'.  Di  questi  buoni  Pastori,  doni  preziosi  del  cielo, n’  ebbe  in  buon  numero  la  nostra  diocesi  ancora  ,  ed  in  questa  dissertazione  con  distinta  lode  dovrò  ricordare  alcuni  vivuti  appunto  nel secolo  XI  della  chiesa.  Dio  pur  volesse  che  avessero  i  medesimi  ritrovato  ubbidienti  e  docili  i  principali  del  clero.  Sarebbonsi  essi  nel Signore Dio santamente riconfortati vedendo a buon senno ridotti i membri  più  nobili  del  sacerdozio,  né  io  sarei  in  questo  luogo  costretto  a riferire  gli  enormi  mancamenti  de’  miei  confratelli  nel  sacro  ministero dell’  altare.  Ma  io  presentemente  dirò  con  s.  Girolamo (3) ,  voglio  scrivere una storia, non prendo a tessere un panegirico.

Per dare del sinodo di s. Ginese una compiuta idea, quanto è possibile in tanta scarsità di documenti , ho creduto necessario esporre l’andamento medesimo.  Riporterò  in  primo  luogo  la  storia  di  tutto  questo  andamento (4) ,  secondo  che  si  legge  presso  l’  antico  scrittore  della  vita  di  s. Anselmo,  quindi  con  la  scorta  del  Fiorentini (5) del  Waddingo  (6) , e del Rota (7) , farò sulla medesima le necessarie osservazioni.

»  Primo  igitur   (sono  le  parole  dell’antico  scrittore  della  vita  di s. Anselmo (4) » canonicos ecclesiae majoris in civitate Lucana , quae est in  honorem  sanctissimi  episcopi,  et  confessoris  Martini  dedicata,  mitissime  aggreditur  (Anselmus),  monet,  blanditur,  et  suadet,  ut  opere exerceant  ,  quod  nomine  dicuntur:  canonicus  enim  quasi  regularis  dicitur, utque regularem agant vitam studiose praedicat, et precatur.

»  Cumque  diutius  illis  instaret,  idemque  frequenter  instigaret,  indignati  tandem  sunt,  ac  temere  nimis  responderunt.  At  ille  sicut  pater pius  ,  et  mansuetus  benigne  omnia  suscipit,  nec  tamen  vinci  a  malo vellet,  sed  in  bono  vincere  malum studet.  Promittit  denique  tanquam alter  factus  religiosissimus  episcopus  Augustinus,  ut  vitam  cum  illis peragat  communem  .  Nihil  praeter  illos  proprium,  verum  omnia  simul vult  cum  ipsis  habere  communia  ;  vult  effici  pauper,  ut  divites  illos faciat  in  Christo:  omni  omnino  conamine,  tum  spiritualiter  ,  tum  saeculariter nititur eos allicere ».

(3) In Job. “ Non panegyricum,  historia scribo “.

(4) Il Dinelli non conosce il nome dell’antico scrittore della vita di S. Anselmo, e neanche noi. Fu chiamato BARDO PRESBITER, dove per ”bardo” si intende un cantastorie: il Bardo di Avon era W. Shakespeare…

(5) Memorie della gran contessa Matilda restituita alla Patria lucchese colle note critiche di Gian -Domenico Mansi, Lucca -1756 

(6)"Vita s.Anselmi episcopi lucensis commentariis “ illustrata per R. P.F. Lucam  1657 Waddingum Romae

(7) Notizie istoriche di s. Anselmo vescovo di Lucca , Verona 173


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pag.33 - Dissertazione III

Invitat tandem  sui  studii  adjutricein  Marchionissam  D.  Mathildam , moribus,  ac  genere  nobilissimam,  quae  spirituals,  et  religiosissima  in occulto,  saecularem  ,  aut,  ut  verius  dicam,  milita  rem  agebat  vitam  in manifesto,  sic  tamen  spiritualem  habebat,  ac  saecularem,  ut  illam  in Christo , et istam faceret pro Christo. Quae vero saecularis, haec majoris  illi  fuit  angustiae  ac  laboris  sed  et  multo  pluris,  spero,  retributionis  .  llla  enim  voluntatis  fuit  propriae,  ista  quidem  obedientiae  .  Si «  quid  ergo  habet  ipsa  ingenii,  si  quid  sapientiae,  vel  consilii  ,  id  eflìi»  dit  hoc  in  negotio  hilariter.  Igitur  praediclos  alloquitur  canonico*  , »  tum  communiter,  tum  singulariter  incitat,  instigat,  eos  confortat,  atque »  spondet  ecclesiae  augmentum,  et  honorem,  ipsis  quoque  cornmodum » tam in futuro , quam in praesentiarum „.


Promittit etiam parentibus ipsorum divitias et honores , quatenus » vel sic attrahere possit voluntates eorum . At illi saeculo nequam >> excaecati , respuunt omnia , eligunt magis aquam angustiae in damna » tionem, quam vinum laetitiae in salvationem : optant pauperes potius esse diaboli , quam divites Christi . Praedictus autem Praesul , et » Pastor diligentissimus nolens oves sibi commissas perire , tum minis, » tum blandimentis eos aggreditur , cui dum resisterent illi , et quantum potuerunt , contradicerent , jam tunc credo nimium , sed ina» niter fatigatus cessasset , nisi quod B. Papa Leo IX sub decreto anathematis statuerat , ut ejusdem ecclesiae canonici vitam agerent communem , et viverent regulariter . Cujus decreti , quoties vidit , aut recordatus est praeceptum,   expavit ,    nec tacere ausus fuit » .


Accidit igitur ut eandem ad civitatem sanctissimus Papa Gregorius septimus veniret , perlatumque est ad ipsum idem illud negotium , qui mox incipit paterno illos primum affectu admonere , ac dicere, quoniam romani Pontificis decreta praeterire non licet . Rogat eos , et suadet benigne , quatenus saluberrimis obediant decretis ,  et reverentissimi patris exequantur voluntatem ; nec semel , aut bis , » sed saepe , ac multum aliquando cum eodem sancto episcopo , interdum sine ipso , alloquitur illos , tum dure , tum blande proferens eis » scripturas sanctas , et authoritates authenticas . Illi vero , etsi humiliter se beata quandoque monita finxerunt audire , omnia tamen absentes depravarunt . Vocantur denique ad sedem apostolicam ibique conspiratores in proprium episcopum , et insidiatores detecti sunt .

Prolatis ergo canonibus , et lecto capitulo sancti martyris , et episcopi



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pag.34 - Dissertazione III


Fabiani , qui conspiratores , et insidiatores suorum episcoporum curiae tradendos instituit , judicio totius sanctae synodi , etiam ipsi curiae traduntur . Tunc fidelis illa , et prudens Marchionissa Mathilda servos illos appellans in servitutem curiae vocavit eos . Quam ob causam tristes praeter quam credi potest , etiam adversus ipsam , quotquot potuerunt , conspirare fecerunt . Convenerunt ergo quam plures iterum episcopi apud sanctum Ginesium , quod castrum a civitate Lucana  non multum distat , inter quos reverentissimus Albanensis episcopus nomine Petrus vicem domini Papae agebat. Qui cum eodem lucensi episcopo s.    Anselmo et  cum reliquis omnibus conspiratores illos excommunicavit » .

Fin qui l'antico scrittore della vita di s. Anselmo, il cui racconto, secondochè prefisso mi sono,  imprendo ad illustrare nella presente dissertazione.

Primo igitur fino alle parole omnia tamen absentes.

 Leone VIII , detto comunemente IX (8) , fino da' tempi del vescovo Giovanni (9) sotto pena di scomunica aveva comandato a'canonici della cattedrale di Lucca , che menassero vita comune , e ciò per contrapporre un forte riparo all'inondazione de ' disordini correnti in que'giorni nel ceto ecclesiastico . Questo rigoroso comando di Leone IX viene indicato dallo scrittore della vita di s. Anselmo , allorchè dice : Nisi quod B. Papa Leo IX sub decreto anathematis statuerat, ut ejusdem ecclesiae canonici vitam agerent communem , et viverent regulariter. 

Il Waddingo nel commento di queste parole (10) , riferisce un diploma di Leone IX diretto a' canonici di Lucca , e crede essere quello stesso che viene ricordato colle anzidette espressioni . Del medesimo sentimento pare , che sia anche il nostro Fiorentini (11) . Ecco questo diploma o breve di Leone nono. (12)

Leo episcopus servus servorum Dei canonicis principalis ,  ac majoris ecclesiae in civitate Luca, Deo ac sancto Martino confessori regularem vitam inibi ducendo,  et castitatem servando famulaturis perpetuam in Domino Sal.    Cum ad bona ecclesiarum firmiter obtinenda magna sit adhibenda sollicitudo , ut eorum qui caste ac regulariter sancto altari servire desiderant animae serventur et corpora , avidiori est procurandum desiderio, quia dum inibi laborant fideliter deservire, oportet eos inde canonicum usum victus , ac vestitus accipere , ne dum ista prae necessitate quaeritant , culpam vagationis incurrant.


(8) La ragione di questo sbaglio nella numerazione de’ Pontefici, chi bramasse saperla veda il Ciaconio vitae et res gestae Pontificum romanorum alla pag. 338 , ovvero il Pagi: Breviarium historico-chronologicum- criticum illustriora Rom. Pontificum ge 11sta complectens pag.455. 

(9) Giovanni figlio di Gottifredo cittadino di Lucca dell'anno 1023 fino all'anno 1058 santamente governò la nostra diocesi.Fiorentini “memorie della gran contessa Matilda” pag. 33. 

(10) vedi nota 6. "Vita s.Anselmi episcopi lucensis commentariis “ illustrata per R. P.F. Lucam  1657 Waddingum Romae

(11) Pagina 34 delle memorie della gran contessa Matilda , e pag.28 de'documenti con cernenti Matilda , e la di lei casa.

(12) Archivio del capitolo della cattedrale di Lucca B. 12 BB.n.53. 

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pag.35 - Dissertazione III


Huic si quidem vestro defectui benivolam compassionem , ac benignam provisionem volentes impendere piae apostolicae auctoritatis sacra  pagina omnia , quae ad communem usum regulariter vivendi modo habetis , vel in perpetuum habituri estis , scilicet aut episcopi vestri con cessione , qui nunc est benivolus , et hilaris vester adjutor frater , et  coepiscopus noster Joannes ,    aut successorum suorum ,vel aliquorum » fidelium karitativa donatione volumus rata vobis , et confirinata , et nulla ratione violanda esse ; etsi Dominus Deus humilitatem ecclesiae suae misericorditer respiciens ecclesiam vestram ab uxoratis presbyteris , et omnino a Dominica oblatione repellendis liberaverit pro incestis casti , pro immundis mundi restituantur , et bona quae habent  ecclesiastica , quae illi luxuriose vivendo dissipant in communem usum  canonice cohabitantium redigantur, sicque etiam horum exoptabilius interitus pastoralis fiat familiae desiderantissima salus , nec in praebendis dandis aliquam precii , aut venditionis molestiam ab episcopo suo sustineat hic fidelis conventus . Usque modo igitur tenebrae , nunc autem lux facti in Domino , ut filii lucis ambulate , ut unanimes uno ore honorificetis Deum , et Patrem Domini Jesu Cristi , qui est benedictus in secula , qui et vos conservet , et confirmet in fraterna concordia . Dissipator vestrae congregationis dissipetur . Contradictori contradiccatur. Quilibet episcopus vester vos in hoc ignorans , ei , de quo dictum est , assimiletur , quia omnis ignorans ignorabitur . Coadjutor vester per Martinum sanctum semper adjutus congaudeat , optamus, divinae retributioni ,  vere dicens adjutorium nostrum in nomine Domini » . 

» Datum 4 idus martii per manus Frederici Cancell. vice Domni Herimanni s.   Apost.  sedis Archicancell.   et Colon.   Archiepisc.    A. Domn.  Leonis VIIII Papae 3. indict. 4

Il padre Federigo Vincenzo di  Poggio nel suo saggio di storia ecclesiastica pag. 251 è di diverso parere da'  due citati  scrittori Waddingo e Fiorentini .  

Ma io, sono parole del padre Poggi ,   non mi dire , perché non vi ho letto parola ( nel diploma di Leone IX ) , con la quale il Pontefice comandasse a' canonici la vita comune , e molto meno che ve la comandasse sub anathemate . 

Credo ben per altro , che il precetto , o breve di Leone IX, citato dal penitenziere, ci fosse , ma che dal partito contrario fosse levato via , allorché prevalse , e per questo ora manchi negli archivi della Cattedrale. 

La prima asserzione del padre Poggi la credo indubitatamente vera , la seconda molto verisimile.


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pag.36 - Dissertazione III

Nel riscontrare alcune carte dell'archivio capitolare della nostra cattedrale mi è caduto sott'occhio un altro diploma di Leone IX relativo alla vita comune de' canonici . Ecco pur questo fedelmente tra scritto dalla C. BB. n. 12. B. 12. 

» Leo episcopus servus servorum Dei Clericis ordinariis ecclesiae sancti Martini in Luca canonice viventibus . in perpetuum . Declinare  a malo et facere bonum volentibus Consilium et auxilium perseverandi semper accommodare debemus.  Ne dum de bona conversatione    summam sedem consulunt , occasionem corruendi accipiant, denegato, quod absit, consilio quod quaerunt . Et ideo vobis supra >> nominavimus canonicis, omnia quae episcopus vester Joannes bono » captus desiderio , i m m o spirituali usus consilio , dedit vobis et confirmavit , ad augmentum canonicae vestrae conversationis . Nos etiam 

» confirmamus per privilegium sanctae Apostolicae sedis. Ut haec ipsa, » et alia quae vobis quaelibet christianae religionis persona dedit umquam  vel  in  perpetuum dederit , ad communem   vestrum  regularem   usum possidentes , remota omni molestia , quiete ac libere Deo servjatis .

» Si quis autem vestrae ecclesiae ordinarius post primam episcopi vestri confirmationem scilicet Johannis ab hac vita decedit, alii idonei in loco defunctorum sine precio canonicam accipiant et regulariter cum praedictis fratribus adhibita castitate ibidem commorentur et vivant . Nec ulla occasione praefatus episcopus vel ejus successores e bonis fratrum morientium violenter auferant, sed fratres residui qui in eadem canonica regulariter degunt . 

Ad communem claustralem , ac necessarium usum sibi optineant.Hujus ergo sacri praecepti violator timens tristetur de futuro sibi anathemate ac perpetua maledictione . 

Conservator autem gaudeat semper apostolica munitus benedictione » . 

» Datum III nonas februarii per manus Frederici diaconi sanctae >> romanae Ecclesiae bibliothecarii , et cancellarii vice Domni Herimanni  archicancellarii et coloniensis archiepiscopi an. Domni Leonis noni Papae III,indictione quinta ».


Questo dee forse credersi il breve , con cui Leone IX comandò a’ nostri canonici sotto pena di scomunica , che vivessero regolarmente? Parmi che no , poiché̀ le parole che si leggono in fine del medesimo : 


Hujus ergo sacri praecepti violator timens tristetur de futuro sibi a n a themate , ac perpetua maledictione , 

contro gli usurpatori de’ beni de’ canonici mi sembrano dirette , non contro i violatori della vita regolare . 


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pag.37 - Dissertazione III


Ma tenga pure ciascuno su questo proposito checchè gli piace . È fuori di ogni dubbio , che il decreto di Leone IX venne trasgredito dopo non lungo spazio di tempo dalla maggior parte de‘ canonici di questa cattedrale. Fuori di alcuni pochi , de’ quali si parlerà̀ in ap presso , tutti gli altri canonici abbandonata la vita regolare e comune , tornarono , come in avanti , a menarla irregolare e privata .

Erano in questo stato di disordine le cose de ‘canonici della nostra cattedrale , allorché̀ s. Anselmo prese il possesso del vescovato di Lucca (13). 

Pensò egli subito seriamente a rimetterle in assetto e buon ordine . Fece uso da principio di modi dolci e piacevoli per guadagnare l'animo de ‘suoi canonici , e ricondurli sul buon sentiero . Adoperò di poi la mediazione della contessa Matilda , donna illustre e rinomata in que' tempi per le sue ricchezze e militari imprese, e molto più per le sublimi virtù̀ , e pel suo spirito veracemente religioso (14) . Ogni studio essa usò l'inclita donna , perché̀ facessero senno i male accorti canonici. Li esortò, li stimolò , dice il penitenziere , animolli , promise ad essi comodità̀ , a ‘loro parenti onori e ricchezze . Ma tutto fu vano. Il pazzo amore di libertà vinse tutte la esortazioni ed i più̀ valevoli eccitamenti. 

Non per questo disanimossi il santo vescovo Anselmo; chè anzi pensò bentosto a porre in opera un altro espediente più vigoroso e più̀ forte . Gregorio VII per isfuggire le insidie di Enrico , dalla Gallia Cisalpina fu costretto a ritirarsi in Toscana . In questa essendo per Lucca, pregollo il nostro vescovo a volersi adoperare in pro suo per vincere l'ostinazione de'traviati canonici . Si prese tanta cura ed impegno di quest'affare, parlò con tale e tanta forza ed energia a'refrattarj il Pontefice s. Gregorio , che niuno di loro ebbe coraggio di opporlisi, ma tutti invece, chi di verità,chi di sola apparenza mostraronsi a lui sottomessi ed obbedienti . 

Omnia tamen absentes depravarunt .  

Non mantennero i nostri canonici le promesse fatte al Pontefice. 

Quindi giunto egli a Firenze, e ragguagliato da s. Anselmo dello stato attuale delle cose de ‘suoi canonici , scrisse loro nel giorno 11 di agosto dell'anno 1077 la lettera, che segue. 



13) Nel principio del mese di agosto dell'anno 1074 aveva s. Anselmo già preso il possesso del vescovato di Lucca . Ciò si deduce da una carta dell'archivio arcivecovale . 

(14) L'Ab. Uspergense, benchè fosse favoreggiatore degli scismatici , e nemico di Matilda , pure delle sue virtù così parlò all'an.. 1105 Quae nimirum foemina sicut nemo nostris temporibus ditior, ac famosior , ita nemo virtutibus et religione sub laica professione reperitur insignior 


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pag.38 - Dissertazione III


» Gregorius episcopus etc.

>> Canonicis sancti Martini lucensis ecclesiae (15). 

Meminisse debetis , quoties, et cum quanta cura vos monuerimus apud vos manentes  terrena peritura commoda majoris , quam animas vestras aestimantes, ita vos ad obedientiam justitiae exhibueritis, et ulterius sub excommunicationis vinculo , quod in acquirendis contra apostolica decreta praebendis vos incurrisse manifestum erat, non permanseritis . Verum » ut ipsa res indicat , substantiam vestrae , licet iniquae , possessionis pretiosiorem , quam vosmetipsos facitis, qui spretis admonitionibus nostris, et contempta apostolica authoritate, pro lucris temporalibus , et explenda cupiditate vestra, sub maledicto anathematis post promissam nobis satisfactionem recidivo , ac deliberato praevaricationis crimine jacere non pertimescitis . Quare quoniam tantae praesumptionis contumaciam , et tam immanis avaritiae culpam, nostra nec taciturnitate dissimulare, nec patientia non modo ad vestrum, sed ad illorum etiam , cum quibus communicatis , periculum diutius fovere audemus , praesenti authoritate omnibus , qui inter vos contra apostolica priviligia B. Leonis Papae, canonicas pecunia adepti sunt, introitum majoris ecclesiae , videlicet sancti Martini, et easdem canonicas, vel prae >>bendas ulterius retinendi licentiam, et potestatem ex parte omnipotentis Dei , et beati Petri Apostolorum principis usque ad condignam satisfactionem interdicimus . 

D a t u m Florentiae 3 (ante diem tertium Idus) idus augusti  cioè 11 agosto indictione decimaquinta (1077)


I licenziosi canonici nemmeno a questa lettera del Pontefice si dieron per vinti ; chè anzi fattisi vie più animosi , al proprio vescovo , ed al romano Pontefice ribellaronsi apertamente . Sebbene fossero essi incorsi nelle censure ecclesiastiche , proseguirono nonostante ad esercitare contro i divieti de’ canoni i sacri ordini , celebrando messe , ad amministrando sagramenti anche nella chiesa cattedrale , della quale era stato interdetto loro l'ingresso . Fecero frequentemente delle adunanze , o a meglio dire delle combriccole fra di loro ; ricorsero alla protezione di persone potenti, aizzarono , secondo chè coll'accuratissimo Fiorentini sospetta il padre Rota , un tal Conte . . . . (16) a muover lite ingiusta contra il s. vescovo Anselmo , per distornarlo dal conceputo disegno della riforma . Per non cedere a tanta caparbietà̀ , non vi voleva meno della virtù e costanza di un Gregorio VII , di un Anselmo , e di una contessa Matilda . 


(15) Gregor. L. 5. ep. 1. 

(16) Fiorentini al titolo del conte appone alcuni punti, e ne sopprime il nome ; non giudicando , che le prepotenze diano mai lustro ad una casa , qualunque stato sia il pretesto di praticarle.


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pag.39 - Dissertazione III

Vocantur denique ad sedem Apostolicam.

 Il nostro istorico in questo luogo per essere estremamente conciso manca della necessaria esattezza e precisione . Supplirò a questa mancanza servendomi de' documenti già pubblicati dal padre Waddingo nella più volte citata operetta, o commento sulla vita di s. Anselmo .

Nell'anno 1078 furono celebrati in Roma da s. Gregorio due concilj. In ambedue si trattò degli affari di Lucca . Nel primo , ch'è il Romano IV, fu pronunziata la seguente sentenza contro il figlio del conte … che riteneva i beni del vescovato ingiustamente occupati da suo padre:

Filium comitis datis induciis usque in palmas excommunica tione innodamus , eo quod lucensem ecclesiam quiete manere sua diri piendo minime permittit .

Il padre Andrea Rota (17) dà per sicuro che in questo concilio di Roma si rinnovasse la scomunica contro i canonici disubbidienti . Che furon proposte dal Pontefice le doglianze di Anselmo , e l'usurpazione de ‘beni della sua chiesa , il dice ancora il nostro Fiorentini (18). Benché̀ gli atti del suddetto romano concilio come si leggono presso il Labbè (19), non facciano menzione alcuna de ‘nostri canonici , non sembrami però inverisimile, ché di essi pure nel medesimo si trattasse . Erano troppo fresche le loro contravvenzioni agli ordini pontìficj ; le istanze di s. Anselmo , e della contessa Matilda presso Gregorio erano troppo forti e premurose; la riforma de’ nostri canonici in fine importava moltissimo al romano Pontefice . Quindi non può verisimilmente supporsi , che di essi non si facesse distinta menzione in questo concilio , e allora , cred' io specialmente , che si parlò dell'usurpatore de’ beni del nostro vescovato , il cui delitto era stretta mente connesso co ‘disordini de’ canonici (20). 

L'altro concilio romano del 1078 fu celebrato nel mese di novembre . Furono in questa occasione , forse per suggerimento della contessa Matilda , i nostri canonici richiamati a Roma dal sommo Pontefice. Ma eglino niente curando la pontificia intimazione , ricusarono di presentarsi al concilio. Per questa ributtante condotta de ‘nostri canonici rimase altamente irritato il Pontefice s. Gregorio , ond'egli nel dì 28 novembre scrisse a ‘medesimi l'appresso lettera assai risentita.


(17) Pag, 136. 

(18) Pag. 188. 

(19)Tom.20, pag.438. 

(20) Nel principio degli atti di questo concilio romano pubblicati dal Labbè, si legge: In qua (synodo) apostolica constituta corroborans (Greg. VII.) multa quae corrigenda erant correxit, etquae corroboranda firmavit. Inter caetera namque in fine synodalis absolutionis haec annexuit, et perpetuae memoriae pro posteris scribendam an davit. 

Dunque molte deliberazioni di questo concilio sono presentemente ignote. Non è improbabile che una di queste deliberazioni riguardasse gli affari de’ canonici di Lucca


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pag.40 - Dissertazione III


“ Gregiorius  etc.

“Clericis sancti Martini lucensis ecclesiae (21).Cum apud vos essemus ,  saepissime vos per nos , et per confratres nostros admonuimus , uti secundum privilegium antecessorum nostrorum , sancti videlicet Leonis Papae , et Victoris , quod ipsorum t u m canonicorum vestrae ecclesiae rogatu ipsi ecclesiae fecerunt , ut communem , regularemque vitam duceretis,  sed vos , quae vestra sunt quaerentes , non quae Jesu Christi , nostras admonitiones neglexistis. Cum quae tantae negligentiae , et inobedientiae , quae scelus idololatriae a sanctis patribus dicitur , merito jure vos sententia judicialis ferire deberet ; episcopi tamen vestri , et quorumdam fratrum vestrorum precibus , apostolica mansuetudo solita pietate, ut filios usque ad festivitatem omnium sanctorum, deinde etiam interventu ejusdem episcopi usque ad synodum vos clementer sustinuit . Ad quam praecepimus , ut aliquos mitteretis de vobis , qui de vestra nobis obedientia responderent. Quod  quia minime factum , ut decuerat , jam nunc aequitatis non possumus differre censuram . Proinde per veram obedientiam monemus , ut communem vitam vivatis, sicut sanctus Leo Papa ecclesiae vestrae instituit , et sicut romana ecclesia intelligit , idest ut omnia ecclesiae bona in communem utilitatem redigantur, et communiter, sicut sudictum est, expendantur . Aut si id facere recusatis  praebendam in manu episcopi ad ecclesiae utilitatem reddatis . Quod si neutrum horum (quod absit) facere recusatis, ex authoritate Dei omnipotentis sanctorumque apostolorum Petri et Pauli, omnium ecclesiarum introitum vobis usque ad emendationem congruam prohemus. 

Datum 4 kalendas decem. ind.2


Nell'anno vegnente 1079 si celebrò il concilio Romano VI . A questo dopo l'ostinazione di un anno intiero, si presentarono finalmente i canonici della nostra cattedrale. Furono nell'esame convinti di avere macchinato insidie contro la vita del proprio vescovo; a norma dei sacri canoni degradati , e messi nelle mani della protestà secolare . Tutte queste cose vengono con distinzione e accuratezza raccontate dal penitenziere , e si comprovano ancora dalla seguente lettera di s. Gregorio [del 1°ottobre 1079]


(21) Gregor. 1.6. ep.11



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pag.41 - Dissertazione III 


» Gregorius etc.

Lucensi clero , et populo , exceptis his, qui communicant , atque consentiunt excommunicatis  (22).

Clericorum vestrae ecclesiae causam diligenter examinantes, diuque in ea laborantes , nullam in eis rationem, atque veritatem, sicut decet christianos, Invenimus. Quorum mirabilem, et inauditam superbiam , licet sine audientia secundum synodalem sententiam, quam in se provocaverant, punire debuerimus, mansuetudinis tamen spiritu res eorum audiendas esse dignum duximus , ut saltem confusos, et convictos ad sanum consilium, sensumque humilitatis revocaremus. 

Nam si in eis aliquod humilitatis signum mens nostra perpendisset, sine aliqua a nobis misericordia non recessissent. Quibus in superbia sua perdurantibus, auctoritas beatorum martyrum , atque pontificum Fabiani, et  Stephani coram nobis allata est , quam nos per omnia huic negotio convenire cernentes , eos ut rebelles et inobedientes ejusdem authoritatis sententia damnavimus, quam litteris nostris inserendam esse existimavimus, ut quantis sint facinoribus irretiti, quantisve contumeliis digni, liquido pateat Fabianus. Statuimus, ut si aliquis clericorum suis episcopis infestus, aut insidiator fuerit , ut mox ante examinatum judicium submotus a clero , curiae tradatur, qui diebus vitae suae deserviat , et infamis absque restitutionis spepermneat. Stephanus Papa.Clericus quiepiscopum suum accusaverit, aut ei insidiator extiterit, non est est recipiendus, quia infamis effectus est, et a gradu debet recedere , ac curiae tradi serviendus . Hanc itaque in eos promulgantes sententiam , existimavimus , ut saltem terrore tantae aucthoritatis ad humilitatem converterentur . Sed ipsi dati in reprobum sensum , et demersi in diabolicae caecitatis puteum , a communione ecclesiae separati , et excommunicati recesserunt. 

Unde nos praedictorum sanctorum statuta firmantes , ex authoritate B. Petri ab ordinibus, et praebendis ecclesiae sancti Martini in perpetuum submovemus et decernimus , ita ut nullum deinceps inter canonicos ejusdem ecclesiae locum teneant , aut praebendarum aliquod solatium seu in posterum habeant . Vos itaque, dilectissimi filii, admonemus , imo ,, apostolica authoritate interdicimus, ut scelerosis contumaciae actibus eorum non communicetis,s ed ut ipsi illaesi et immunes a damnatione 

(22) Gregor. 1.7. ep.2


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pag.42 - Dissertazione III

 eorum permaneatis , illique ad poenitentiam consundantur, infra ambitum civitatis vestrae eos cohabitare non permittatis, et ut tota pro vinciaeorum praesentia,etcontagione mundetur, operam detis. Quod nisi feceritis, et eos magis, quam justitiam et salutem animarum vestrarum dilexeritis , totius excommunicationis eorum in vos periculum inducetis , et iram Dei in praesenti et in futura vita sine dubio sentietis. Eos vero , qui illis, ne in superbia sua permaneant , et confundantur , restiterint , gratia B. Petri remunerandos censemus , et promittimus . Datum Romae kal. octob. indictione tertia » . 

Convenerunt ergo quamplures iterum episcopi apud s. Genesium , quod castrum (23) a civitate lucana non multum distat . 

Eccoci finalmente arrivati al sinodo lucchese primario soggetto della presente dissertazione . Di varie cose intorno a questo sinodo ci rende bastevolmente informati il nostro istorico , e sono le seguenti. Primieramente che al medesimo concorsero ben molti vescovi sotto la presidenza di s. Pietro Igneo (24) . Secondariamente che fu celebrato in un castello non molto distante da Lucca , detto di s. Ginesio. In terzo luogo che furono solennemente in esso scomunicati tutti quelli , che avevano cospirato contro la persona di s. Anselmo. 

Ma in quale anno precisamente , dimanderà qui taluno fu celebrato questo concilio? Qual luogo hassi ad intendere pel castello di s. Ginese ? Furono forse tutti i canonici della cattedrale condannati, come insidiatori alla vita di s. Anselmo? 

Niente di preciso e di chiaro per isciogliere questi dubbj rilevasi dal racconto lasciatoci dal penitenziere . Quindi gli eruditi nella soluzione de'medesimi sono andati in varie , e fra loro assai discordanti opinioni . In quanto all'anno il Baronio (25), il Labbè (26) ed il Lami (27) credettero , che fosse il nostro sinodo celebrato nel 1074 , ma senza dubbio a torto , poichè s. Anselmo prese il possesso del vescovato di Lucca solo verso il termine di quest'anno (28) ed in oltre a questo tempo niuna di quelle cose , che dettero motivo alla celebrazione del sinodo di s. Ginese , era ancora succeduta (29) .  Monsignor Mansi (30) stabilisce il nostro sinodo all'anno 1079 : ad romanam synodum , ecco le sue parole , anni , ut arbitror 1079 vocati (i canonici) cum non paruissent,judicio totius synodi curiae saeculari traduntur; verba sunt poenitentiarii in vita s. Anselmi , quibus auctoritas


(23) Nella leggenda del penitenziere pubblicata dal Waddingo per isbaglio di stampa manca la parola castrum . Nel commento sulle medesime parole del penitenziere dice il Wadding (p. 72 ) Castrum vocant alii sancti Gervasii , quod Anselmus paulo an  teaemerat , et suae univit ecclesiae , ut scribit Florentinus 1. 2. pag. 198. 

(24) Non saprei dire di quale autorità̀ sia la lezione accennata in questo luogo dal Waddingo . Il motivo , per cui s. Pietro abbate di Fucecchio , cardinale e vescovo di Albano ebbe il soprannome d'Igneo, narrasi dal Fiorentini alle pag. 78 e 79 delle memorie della contessa Matilda . 

(25)Tom.17. pag.393

(26)Tom.20. pag. 438.

(27) Pag. 95 dell'Odeporico

.(28) Da varie carte ricordate dal Fiorentini 1 1.pag.136, e dal P Poggi, p.244 si deduce che S.Anselmo nel mese di settembre anzi ne' principi di ottobre non era perché consacrato vescovo di Lucca, mentre nelle medesime vien chiamato vescovo eletto , monaco eletto . Nel giorno 23 di ottobre di questo stesso anno, dice una carta citata parimente dal Fiorentini , e dal P. Poggi , che ricevè l'ordinazione vescovile s. Anselmo dalle mani di s. Pietro Igneo. 

(29) Vedasi la serie cronologica de’ tempi ,com'è stata superiormente stabilita con la scorta delle lettere di s. Gregorio

(30) Collectio conc. Tom . 20. pag 433. 


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pag.43 - Dissertazione III

 accedit ex epistola anni 1079 kal. octobris s. Gregorii VII l. 7. epist.2 idipsum narrante.Quam ob causam (scilicet ob poenam in con cilio relatam ) tristes praeterquam credi potest , etiam adversus ipsam ( Mathildam celebrem Tusciae Comitem ) quotquot potuerunt , conspirare fecerunt. Convenerunt ergo quamplures iterum episcopi apud s. Gene sium , quod castrum a civitate Lucana non multum distat, inter quos reverentissimus albanensis episcopus nomine Petrus (Igneus ille est) vicem domini Papae agebat , qui cum eodem lucensi episcopo , et cum reliquis omnibus conspiratores illos excommunicavit . Quam eorum sen tentiam s.Gregorius VII in eadem,de qua supra epistola data Romae kalendis octobris indict. 3 , idest an. 1079 firmam ,ratamque esse jussit . Hinc synodi ad s. Genesium cogendae causam , et tempus deducas.

Se nella lettera di s. Gregorio del primo ottobre dell'anno 1079 si confermasse di verità la sentenza pronunziata nel sinodo di San Ginese non potrebbe recedersi dal sentimento del nostro degnissimo monsignor Mansi . Ma sta di fatto , e può ciascuno chiarirsene con riscontrarla alla pag. 41, che in questa lettera di s. Gregorio, come si fa menzione assai distinta del concilio romano , così nè distintamente , nè inconfuso ricordasi il sinodo lucchese . Quindi l'opinione del Fiorentini (31 ) del Waddingo (32) del Rota (35) e del Poggi (34) , che pongono la celebrazione del nostro sinodo nell'anno 1080 , sembrami preferibile a tutte le altre. E difatti, se il nostro sinodo fosse stato radunato nell'anno 1079 prima del mese di ottobre, s. Gregorio nella sua lettera al clero e popolo lucchese inviata, avrebbelo senza dubbio motivato, allora che produsse, e specificatamente allegò la sentenza emanata dal concilio romano . 

Se la celebrazione del nostro sinodo non può preporsi all'ottobre del1079, deve per certo differirsi fino al seguente anno 1080, imperciocchè s. Pietro Igneo , il quale per testimonianza del penitenziere al medesimo sinodo presedette , non tornò dalla sua legazione in Germania affidatali dal concilio romano nel febbraro dell'anno 1079 , se non che nel mese di marzo nel seguente anno 1080 (35); tornato essendo s. Pietro Igneo dalla Germania nel tempo che celebravasi 

il concilio romano dell'anno 1080 , sembrami verisimile , quanto asserisce il padre Poggi , vale a dire , che i padri , o molti de’ padri di questo concilio senz'andare alle loro diocesi , a dirittura si recassero al castello di s. Ginesio per assistere al nostro sinodo . 


(31) Memorie della contessa Matilda p. 200. 

(32) Comment. in vit. Anselmi p.72. 

(33) Notizie istoriche di s. Anselmo P. 72. 

(34) Saggio di storia eccl. pag.277. 

(35) Vedasi il Lami alla pag.  1010 dell'Odeporico .

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pag.44 - Dissertazione III


Non posso però aderire alla ragione , che a provare questa cosa, ne adduce il prelodato P. Poggi . Le parole del penitenziere : 

convenerunt quam plures iterum episcopi apud s. Genesium

egli le intende, che i vescovi concorsi al sinodo romano del 1080 , di nuovo si ragunassero insieme in concilio sotto la presidenza di s. Pietro Igneo nel castello di s.Ginesio.  Ma come puossi a ragione in questo luogo cacciar fuori il sinodo romano dell'anno 1080 , e riferire il convenerunt iterum episcopi etc. a’ Vescovi nel medesimo congregati , se il penitenziere per sentimento comune non fa menzione nissuna di questo concilio , e le sue precedenti parole debbono spiegarsi non di questo, ma del concilio romano dell'anno precedente 1079 ? 

Vengo adesso a parlare del luogo , in cui fu celebrato il sinodo di s. Ginese . 

Mi protesto però sul bel principio di questa indagine di non volere altro fare, che riferire in compendio , quanto distesamente su tal proposito il padre Poggi ne ha scritto . Melius est , tengo altamente i m pressa nella mia mente la savissima massima insegnatane da s. Agostino (36) , dubitare de occultis , quam litigare de incertis . 

Benché̀ ne' secoli di che si parla , varie fossero nella nostra diocesi le chiese dedicate al martire s. Ginese (37), ciò non ostante quanto al sinodo di s. Ginese sopra due luoghi specialmente può̀ cadere dubbiezza. Uno di questi vicinissimo alla città è s. Ginese di Mammoli nella cura di Mastiano presso a Moriano , l'altro distante da Lucca più di venti miglia , è presso San Miniato , diocesi un tempo lucchese . Di questo secondo s. Ginese certe notizie, e in buon numero , si conserva n o tuttora nelle antiche carte lucchesi . 

Ristretta a questi due posti la questione sul luogo del nostro si nodo , io passo ad accennare le ragioni , per le quali il già citato P. Federigo Vincenzo di Poggio contro il sentimento comune degli eruditi, credette essere stato il medesimo tenuto non presso San Miniato , ma presso la nostra città in s. Ginese di Mammoli . Queste ragioni per chiarezza maggiore io divido in due classi . Le prime sono dirette a mostrare, che le parole del penitenziere non possono adattarsi al San Ginese di San Miniato . Colle seconde si vuol provare , che tutto il racconto del penitenziere ben si conviene al nostro s. Ginese di Mammoli.

Incomincio dall'esporre le prime . Il s. Ginese in cui fu tenuto il nostro sinodo era un castello non molto lontano da Lucca.

Apud S.Ginesium quod castrum a civitate lucana non multum distat


(36) L. 8 de Gen. ad lit.cap.1.

(37) Si veda il catalogo delle chiese, e luoghi sacri della nostra diocesi

, fatto nell'anno 1260 , e pubblicato dal P. Poggi nel più volte citato

saggio di storia ecclesiastica ec.  pag. 295 e segg.


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pag.45 - Dissertazione III


Un luogo distante più̀ di venti miglia dalla nostra città può egli dirsi convenevolmente dalla medesima non multum distans? In verità non pare (38). Costa che s. Ginese presso San Miniato ne'tempi de'quali parliamo, fosse castello? Tutt'altro. Due carte del secolo duodecimo , una del 1190 , l'altra del 1197 , il chiamano borgo , cioè paese senza ricinto di mura , non castello , cioè luogo circondato di mura (39).Tolomeo lucchese negli annali all'anno 1183,Giovanni Villani 1. VI c. 21 delle sue istorie parimente , niun altro nome li danno che quel lo di Borgo , e finalmente in una carta del 715 presso il Muratori (40) vien nominato Vico : ecclesia s. Genesii in Vico Vallari : il che vale la stessa cosa che Borgo (41). Se s. Ginese presso San Miniato non fu castello, ma vico o borgo , egli non fu il castrum mentovato dal penitenziere , ove si radunarono molti vescovi a’ tempi di s. Anselmo in concilio . Nè è punto verisimile, conchiude il padre Poggi , che un luogo non difeso dalle mura , quale si è mostrato essere stato nel secolo un decimo il s. Ginese di San Miniato , di più vicinissimo a San Miniato , ove risiedevano i ministri di Enrico (42) nemico della contessa Matilda , di Gregorio VII , e di s. Anselmo , nè, diceva , è punto verisimile, che un tal luogo fosse prescelto per celebrarvi un concilio.

Con questi argomenti , del valore de’ quali lascio , che ne decida il lettore, stabilisce il P. Poggi non essere adattabile al s. Ginese di Sam Miniato il racconto del penitenziere ; di poi egli passa ad applicarlo al s. Ginese di Mammoli . Ad un luogo distante solo quattro miglia dalla nostra città non è stato niente difficile l'appropriarli quelle parole: “non multum distat a civitate Lucana”. Ma con qual fondamento puossi asserire , che convenisse egualmente in antico a questo luogo l'appellazione di castrum, se di castello in esso non si scorge vestigio alcuno oggidì̀ ? 

Il fondamento per dire, che Mammoli fosse ne ‘tempi andati castello, lo ha ritrovato il P. Poggi in tre pergamene del secolo undecimo , nelle quali non solamente vien chiamato castellum-o castrum , ma vi si dice di più , ch'era un tal castello circondato di mura e fosse. La prima pergamena dell'anno 1072 contiene la donazione di alcuni beni fatta da Cadolo a Teberga sua madre , al fratello Ildebrando , a Lamberto arciprete, a Biancardo arcidiacono figli della buona memoria di Berta , e a Gottifredonotaro , ed eccettua il donante i beni di Casabasciana , e una porzione de castro illo qui dicitur Mammoli sicut circondato a muro et fosso.


(38) Si rammenti il lettore, che io non fo altro, che riferire le ragioni del P. Poggi . 

(39) La carta del 1190 è riportata dal Lami nella prefazione al suo Odeporico pag. 35 . Quella del 1197 è riportata dal Camici in uno de'suoi opuscoli in continuazione della serie de'duchi e marchesi di Toscana.

40) Dissert.74antiquit.ital.col.367.

(41) Lami dopo avere chiamato in più e più luoghi del suo Odeporico s. Ginese col nome di Borgo, anzi dopo aver detto nel T. VI : Nel 1200 fu abbandonato questo borgo da' suoi abitatori passati ad abitare sul vicino colle , e castello di San Miniato; nel tomo stesso appoggiato all'auto 

(42) Vedasi il Lami pag. 92 e 96 dell'Odeporico 



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pag.46 -Dissertazione III


L’altra pergamena dell’anno 1075 contiene parimente una donazione , e vi si legge: 


excepto et antepono exinde meam portionem ex integro de duobus castellis, uno ex ipso dicto M a m mole , sicut circumdato est a muro , et fossi , et illo alio dicto s. Petri, quas vobis minimo judico , sed in mea reservo potestate . 


Da queste non sono niente diverse l'espressioni della terza pergamena , la quale è dell'anno 1078.

Ma il luogo , obietterà forse taluno , ove si celebrò il nostro sinodo, chiamavasi castello di San Ginese, non castello di Mammoli. Dunque non è quello , che viene indicato nelle tre citate pergamene , nelle quali si dice , che il nome del castello era Mammoli , non s. Ginese : 

qui dicitur Mammoli ha la prima , dicto Mammole hanno la seconda e la terza pergamena .

Studiasi il padre Poggi di sciorre questa difficoltà con dire : Il penitenziere essendo un forestiere , che scriveva non in Lucca , ma in Lombardia , è facile ignorasse , o pure non si risovvenisse di quella parola (Mammoli ), sembra fosse alquanto imbarazzato a indicare con precisione quel sito . Seppe per avventura , che il luogo era castello con chiesa dedicata a s. Ginese , ma gli parve di andare dimenticato di un altro nome , cioè Mammoli , e prese per espediente scrivere in un modo terzo , cioè: 

“convenerunt apud s. Genesium , quod castrum a civitate Lucananon multam

distat"

dove par chiaro , che la parola castrum sia usata non per dire, che il castello si chiamava s. Ginese, ma per indicare, che era poco lontano dalla città . E quando si volesse presumere , che avesse preteso dire , che era chiamato castello di s. Ginese , è possibilissimo, che per la divozione verso s. Ginese (divozione che qua fu grande) il volgo comunemente lo chiamasse in quel modo; ma che il suo antico e vero nome fosse Mammoli , come si legge ne ‘pubblici strumenti, dove si adopera sempre il titolo proprio antico per uniformità̀ con i vecchi rogiti . Fin qui il padre Poggi . Ammiro la sagacità̀ , e l'accortezza di questa sua risposta , ma non ho sufficienti motivi per essere affatto persuaso della verità̀ della medesima . Io nelle questioni su i fatti storici ammaestrato dall'altrui e dalla mia propria esperienza , mi fido pochissimo delle congetture , perché̀ con tutta l'apparenza , ch'esse hanno di verità̀, riescono non rare volte fallaci. 

Resta che io esamini il terzo de' dubbi superiormente proposti , cioè̀ se tutti i canonici della nostra cattedrale fossero compresi nella sentenza 

 


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pag.47 - Dissertazione III


emanata da’ sinodi di Roma , e di s. Ginese. Il penitenziere come nel racconto delle reità̀ , così nel riferire le sentenze condannatorie di questi sinodi , confonde insieme tutti i canonici della cattedrale . Anche il cardinale Baronio all'anno 1074 ne presenta tutti i nostri canonici come colpevoli , ed egualmente incorsi nelle pene ecclesiastiche . Ma in fatto la cosa non fu, come ce la raccontano gli anzidetti scrittori. Nè tutti rei furono i nostri canonici , nè tutti ne ‘sinodi di R o m a , e di s. Ginese condannati.

 Nella lettera che il Pontefice s.Gregorio scrisse a'canonici di s. Martino ai 28 di novembre dell'anno 1078 , dice di avere differito fino alla festa di tutti i Santi a proferire la sentenza contro i canonici disubbidienti mosso dalle preghiere del vescovo, e di alcuni loro confratelli , vale a dire di alcuni canonici : 


episcopi vestri , et quorundam fratrum vestrorum precibus apostolica mansuetudo solita pie tate, ut filios usque ad festivitatem omnium Sanctorum , deinde etiam interventu ejusdem episcopi usque ad synodum vos clementer sustinuit.


Dunque fra i canonici della cattedrale ve ne furono alcuni non refrattarj alle pontificie ordinazioni . Ma quanti furono questi canonici non refrattarj , ma obbedienti e rassegnati al volere del Pontefice ? 

Il Fiorentini senza verúna esitazione ricordane i tre seguenti , cioè Gaudio cantore, Bardo primicerio e Lamberto arciprete, e dice, che questi professavano castamente la vita comune principalissima occasione dello scandalo degli altri. In prova di questa sua asserzione cita primieramente una carta dell'archivio capitolare segnata BB. n. 35 (43). Secondariamente per l'arciprete e pel primicerio, riporta un documento dell'archivio arcivescovale spettante all'anno 1084 , dal quale apparisce , che ambidue questi primarj canonici sofferivano di questo tempo ingiusto esiglio fuori della patria , e che ritrovandosi essi in Pescia persuasero a Rolando figlio di Seracino , che lasciasse ad Anselmo vescovo di Lucca , libera certa parte del castello di Montecatini di Val di Nievole (44).Qual fu l'ingiusto motivo del bando di questi due canonici ? È probabilissimo , che fosse l'essersi essi opposti all' antivescovo Pietro, e dichiarati apertamente in favore di s. Anselmo . Come può rendersi ragione dell'attaccamento , che dimostrarono nella surriferita occasione al vescovo s. Anselmo senza supporli del numero de’ canonici docili ed obbedienti? 

A ‘suddetti tre canonici , che certamente non ebbon parte nella rivolta , e cospirazione contra il vescovo s. Anselmo , crede il P. Poggi di 

Note alla pag. 47



43) Nella carta, che di presente nell' archivio capitolare trovasi segnata BB. 35 , non di Bardo primicerio, e di Lamberto arciprete si famenzione, ma di Gaudio cantore solamente . Esso in questa carta è chiamato dal pontefice Alessandro II dilettissimo figlio, e vien commendato per la sua sincera devozione inverso la sede Apostolica: 

Alexander episcopus .. dilectissimo filio Gaudio presbytero , et cantori . . . Ego Alexander divina providentia Pontifex pro tua erga nos benevola devotione. 

Da queste espressioni del Breve Pontificio parmi si possa dedurre la costumatezza , ed esemplarità̀ di Gaudio . Se possa dalle medesime pur dedursi , ch'esso professas se, come asserisce il Fiorentini, la vita comune , lascio che il definisca il letto re. In quanto a me sembrami di riscontrare in questo Breve di Alessandro II alcune espressioni, le quali indicano più tosto il contrario , e sono le seguenti : 

“ Per hoc nostrae apostolicae  sedis privi , legium concedo , simulque confirmo tibi supra memorato Gaudio presbytero, et cantoriomnem illam decimationem,quam ,,per nostram concessionem modo habes, et detines , seu etiam quantamcumque in antea divina largitione, et tua industria a fidelibus personis adquirere poteris. Praeteream, quae nostrorum caonicorum , sive nostrorum existit fidelium . Quam per hoc privilegium minime tibiconcedimus:etiam vero omnem decimationem , ut supra memoravimus , volumus,uthabeas, etteneas “

Mi vien sospetto che il Fiorentini scrittore accuratissimo abbia citato una carta diversa 

(44) Tab. Episc. Luc. K. 124. 

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pag.48 - Dissertazione III


poterne aggiungere alcuni altri, e segnatamente Biancardo arcidiacono, ed il canonico Bonualdo . Il primo perché̀ da una pergamena del 1082 citata dal Lami alla pag. 1012 dell'Odeporico, apparisce , ch'erasi ritirato a Pescia , ed è probabile che il motivo del suo ritrarsi in tal luogo , fosse quello stesso ch'ebbero Bardo primicerio e Lamberto arciprete . Bonualdo poi riponlo il P. Poggi fra i buoni , poiché nell'anno 1086 trovasi costituito amministratore del vescovato , il che non sarebbesi fatto, se fosse stato partigiano de'disubbidienti e de'rivoltuosi. Questo è quanto dovevasi da me chiarire , a fine di scemare quella sinistra impressione che fa ne ‘leggitori il racconto troppo generico del penitenziere . 

A compimento di questa dissertazione riferirò̀ qui in fine l'istoria di ciò̀ che avvenne in Lucca dopo il sinodo di s. Ginese .  Condannati che furono , dice il penitenziere , i canonici come macchinatori contro la vita di Anselmo , dolenti essi oltre modo , e accesi di sdegno implacabile misero in sommovimento tutta la città, e sostenuti dal mal vagissimo Enrico, cacciaron via il proprio vescovo, e ribellaronsi apertamente alla loro sovrana la contessa Matilda (45). Capo questa di congiura fu un tal Pietro suddiacono (46) e canonico , uomo altero, insolente, scostumato, vendicativo e ostinato partigiano di Enrico. Questi dopo non molto tempo , dall'antipapa Giberto fu ordinato vescovo di Lucca , ed essendosi egli collegato con uno stormo di persone facinorose , a viva forza invase i beni del nostro vescovato . Un solo castello era rimasto al venerabil vescovo Anselmo ma ancor da questo e per le continue infestagioni de suoi nemici fu costretto a sloggiare. 

Più alti disegni aveva su lui , cioè sopra Anselmo , formato la divina provvidenza , cui egli con ogni industria studiossi di corrispondere fedelmente, finchè nell'anno 1086 senza più rivedere la sua diocesi di Lucca (47), passò a miglior vita in Mantova , ove dopo l'amministrazione del vescovato di Reggio (48 ) erasi da qualche anno stabilito . 

Dal luogo del suo sempiterno riposo proseguì ad avere amorevol cura della sempre a sè cara , benché̀ disleale diocesi di Lucca , e ben presto essa sperimentonne i salutevoli effetti in molte occorrenze, m a specialmente nell'essere liberata dall'iniquo governo del perfido usurpatore.



(45) Queste cose avvennero nell'anno 1081 . 

46) Ferdinando Ughelli T. 1: in eccl. lucen. num. 48, il Fiorentini pag.206, ed il Rota pag. 490 questo Pietro il dicono diacono, ma dal penitenziere è chiamato suddiacono.

(47) II Fiorentini pensa che s. Anselmo prima di morire fosse rimesso nella sua sede . Il padre Rota per mio giudizio a buona ragione opina in contrario

(48) La realtà̀ di questo fatto si dimostra con un documento , il quale si legge presso i Bollandisti al giorno 18 di marzo, e presso il Rota pag. 196.